“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare.”.
Le prime cinque sagome da tiro al bersaglio che sono a Porta San Paolo davanti alla Piramide dal 25 Aprile del 1995, messe in posa nel cinquantenario della Liberazione dal nazifascismo: un omosessuale, un immigrato, una ebrea, un antifascista e una nomade, furono ispirate da un testo di Martin Niemöller, pastore protestante tedesco poi ripreso e reso famoso da Bertolt Brecht.
Cinque sagome da tiro al bersaglio, ritagliate, estratte da un muro in ferro sullo sfondo con i “buchi” mancanti riempiti dal retro con lastre di acciaio a specchio. Cinque diversità riconoscibili dai triangoli colorati che i nazisti mettevano sulle loro casacche nei campi di sterminio, descritte dagli inserti corporei bronzei con le mani legate dietro la schiena. Posate in terra li davanti al muro con le loro “impronte” in acciaio dove potersi specchiare, riconoscersi. Una scena di fucilazione davanti a un muro con i cerchi del tiro al bersaglio sulla schiena.
>> potenzialibersagli.noblogs.org
L’intento provocatorio era proprio quello di far rispecchiare in quelle sagome i/le passanti, fargli vedere la propria immagine riflessa nel simbolo di morte della sagoma del tiro al bersaglio. Farli riconoscere bersagli in mezzo ad altri bersagli, come quelle cinque tipologie di umanità, come in quell’ultima frase di Martin Niemöller:
“Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

Siamo tutti e tutte potenziali bersagli, le persecuzioni non sono terminate ottanta anni fa’ con la caduta del nazifascismo, che è si caduto ma non è ancora morto. Lo avevamo anche scritto trent’anni fa’ nella targa in bronzo del blocco scultoreo a Porta San Paolo. Sono purtroppo troppe le tipologie di umanità declinabili come possibili target, potenziali bersagli.
Avremmo potuto fare una sagoma a Cutro o a Lampedusa per esempio, dedicata ai migranti costretti a fuggire dalla loro terra per le condizioni create dall’ occidente opulento e coloniale che, mentre depreda le ricchezze di quelle terre gli “regala” navi di veleni tossici e guerre. Li costringe alla fame e spinge a rischiare la vita in mare per raggiungere l’Europa senza permesso, senza dargli i visti, rendendoli clandestini e quindi maggiormente ricattabili, la nuova forma di schiavitù prodotta dal neocolonialismo. Ci avevamo anche provato a proporlo ad associazioni che si occupano di migrazione e lo faremmo se avessimo appoggi li nei luoghi di approdo sulle coste del Sud.
Ora di fronte al peggiore GENOCIDIO del terzo millennio stiamo realizzando due sagome con lo stesso stile e senso di quelle a Porta San Paolo, la sesta e la settima sagoma di “Potenziali Bersagli”, la sua attualizzazione. Saranno una donna e un bambino dedicate alle vittime del GENOCIDIO in atto in PALESTINA.
Durante un fatto epocale come un GENOCIDIO, a meno che non ci si giri dall’altra parte come nelle prime righe in alto del pastore protestante, o si sta dalla parte dei CARNEFICI oppure dalla parte delle VITTIME, non c’è una terza via. Questo blocco scultoreo che sarà inaugurato il prossimo 25 Aprile non è dedicato alle vittime del passato, non è alla loro memoria, non è postumo come furono trent’anni fa’ le prime cinque sagome da tiro al bersaglio di Porta San Paolo, tenta di modificare l’esistente, dice FERMIAMO IL GENOCIDIO in ATTO!!!
Sono le genti PALESTINESI e tutte le loro associazioni e organizzazioni che continuano a ripetere da tempo ” NON SMETTETE DI PARLARE DI PALESTINA” e nulla è più perpetuo, continuativo e perenne di un monumento.
Un monumento, realizzato, finanziato e imposto dal basso, espressione del sentire popolare che lo ha prodotto, è una STORICIZZAZIONE, è una foto indelebile di quel momento proiettata nel futuro per diventare MEMORIA COLLETTIVA CONDIVISA!!! È inoltre anche questo come quello di trent’anni fa’ un “ANTIMONUMENTO”!!!
Non qualcosa messo in posa dall’alto a futura memoria dal potere su un piedistallo tre metri sopra le teste delle comuni e umane genti. È un’opera che sorge a livello stradale con le misure dell’altezza media di una donna adulta e di un bambino. Una sagoma di bambino perché vorremmo che anche i “semi del futuro” possano specchiarsi in quella sagoma, visto che sono proprio i bambini i bersagli preferiti dai militari israeliani.
NON è un insignificante oggetto decorativo da architettura urbana, NON è un manufatto consolatorio ma è un’opera inquietante messa dal basso per indignare verso ciò che di orrendo si sta compiendo in PALESTINA.
Siamo produttori di senso, di significato, NON di merce autoassolutoria, le nostre opere NON sono adatte all’ arredo urbano. NON sono cosucce pensate da architetti marchettari per accontentare i loro committenti con della finta, insignificante e asettica merce estetica che segue le mode stilistiche dei tempi per “abbellire” le città intese come luoghi narcotizzanti aconflittuali.
Potenziali Bersagli 2026 è una “PIETRA D’INCIAMPO”, lancia un urlo mirato a colpire alla pancia i passanti sbattendogli in faccia la cruda realtà di un popolo che stanno annientando, uccidendo soprattutto i bambini che ne sono il futuro. Una donna e un bambino come sagome da tiro al bersaglio.
Lo inaugureremo il prossimo 25 Aprile, proprio perché, come dice l’appello restiamo: “..memori della gioia che provarono le nostre nonne e i nostri nonni alla fine dell’occupazione nazista e del regime fascista. Desideriamo che anche il popolo palestinese possa vivere presto quella stessa liberazione e gioia”. Giù le mani dai bambini, non sparategli, infami!!

Ci vediamo il prossimo 25 Aprile 2026 a Piazza delle Camelie a Centocelle, quartiere Medaglia d’oro alla RESISTENZA romana, solidali con la lotta di liberazione della PALESTINA, con la PALESTINA nel cuore.
Arte Come Sopravvivenza.